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Intervista alla band Mattia Caroli & I Fiori del Male: “Non si ragiona per idiomi ma per sensazioni”

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“Throwing Out All My Fear è il nuovo singolo della band Mattia Caroli & I Fiori del Male, in radio, nei digital store e nelle piattaforme streaming a partire da venerdì 6 ottobre. Throwing Out All My Fear” è un brano che spazia tra arpeggi con sonorità post-punk e distorsioni tipiche del grunge, che avvolgono tutto il pezzo. I suoni riflettono un testo cupo nel quale ricordi, reminiscenze e rimpianti non sono intesi come fattori necessariamente negativi, ma sono sentiti come fonte di crescita, come una corazza alle nostre paure.

 

Oggi siamo con la band Mattia Caroli & I Fiori del Male che ci presentano il loro nuovo singolo “Throwing Out All My Fear”. Com’è nato questo brano?
Nasce durante il Covid, quando l’impossibilità d’incontrarsi ci ha posto di fronte alle nostre paure – non poterci esibire dal vivo, né fare le prove – e la sofferenza di quel periodo è stata racchiusa in una canzone. Le sonorità richiamano il mondo grunge e la scena di Seattle dei primi anni ‘90 ma anche Porcupine Tree. Il processo produttivo è durato diversi mesi: abbiamo lavorato al sound durante le prove e poi in studio, anche grazie alla co-produzione di Stefano Barone, abbiamo aggiunto elementi elettronici che l’hanno resa meno datata.


Siete attivi nel mondo della musica da ormai alcuni anni. Come è nata l’idea, nel 2015, di formare una band?
Durante i primi anni di università Mattia, il nostro chitarrista e cantante, ha iniziato a suonare i suoi pezzi in diversi open mic della capitale: Le Mura, Il Circolo degli Artisti… e durante una lunga e calda estate abbiamo deciso, insieme ad altri amici d’infanzia con cui già avevamo condiviso esperienze musicali, di registrare qualche pezzo, così per gioco. La fortuna ha voluto che il nostro primo singolo Saturday Morning, da cui è nato il videoclip, finisse su Repubblica.tv e in seguito vincesse diversi festival internazionali del cinema indipendente – come il Paris Art and Movie Award – e questo ci desse una certa visibilità utile per iniziare ad esibirci dal vivo.

 


Tra l’italiano e l’inglese in che modalità preferite esprimervi?
Il nostro primo album è in inglese mentre il secondo Ep in italiano, proprio per non precluderci questa doppia possibilità. Invece stiamo approcciando al secondo album in maniera diversa, cercando di alternare pezzi in italiano e in inglese. Non preferiamo né una lingua né l’altra, dipende tutto da come nasce un brano, da come viene pensato. Non si ragiona per idiomi ma per sensazioni.


Attualmente, è difficile pubblicare un disco, un EP, un singolo o un videoclip?
Ci vuole molto tempo, almeno per noi che ancora registriamo tutto in studio alla vecchia maniera e non partiamo da campionature o sequenze. Sicuramente ci vogliono soldi, quindi per un gruppo che si autoproduce i tempi si dilatano notevolmente, ma questo non è sempre uno svantaggio, perché ti permette di fare molti cambiamenti in corso d’opera e non pentirsi per la fretta che a volte è richiesta dalle varie etichette. Poi si deve pensare al videoclip, che di solito dirige Mattia insieme ad altre figure professionali del settore, all’agenzia stampa, al social media manager, alla distribuzione. All’inizio si fa fatica ma poi si comprendono i meccanismi e diventa più facile.


L’omologazione e il qualunquismo. Noi oggi siamo figli di questo male. Ma secondo voi prima, i nostri genitori o i nostri nonni, vivevano qualcosa di simile?
Ogni epoca ha avuto i propri limiti, oggi il tema principale è quello della comunicazione, del linguaggio che diventa linguaggio di consumo. Non credo che si ritrovi facilmente nella storia degli ultimi secoli una dimensione idilliaca o idealizzabile nella quale gli uomini hanno vissuto in armonia nelle comunità e nel rispetto del pianeta. I nostri genitori, i nostri nonni, hanno affrontato un tempo molto difficile, quello del secolo scorso, dove sono accadute cose sconvolgenti, fra tutte la guerra, sviluppatasi in primo luogo in due grandi guerre mondiali. Indubbiamente ogni epoca è figlia del suo tempo, e noi siamo figli del Novecento.


Infine potete anticiparci quali sono i vostri prossimi progetti e, magari, rivelarci qualche chicca in anteprima?
Sicuramente quello principale è finire l’album, a breve andremo in studio per completare i brani, per ora siamo concentrati su questo e su altri tour europei, probabilmente a partire da febbraio.

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