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Intervista alla band Fik y las Flores Molestas

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In occasione dell’uscita di “Stranger” il nuovo singolo che segna un punto di svolta per quanto riguarda il sound prodotto in studio da Federico Ficarra della band Fik y las Flores Molestas, abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.

C’è un momento specifico che segna l’inizio della tua avventura nel mondo della musica, un punto di svolta che ricordi con particolare enfasi?
Il punto di svolta è stato nel 2010 quando mi sono trasferito a Berlino che all’epoca era super economica ed internazionale. Lì ho trovato un ambiente umano e culturale incredibilmente variopinto, aperto, ricettivo, libertino e tollerante. In quella città la musica e l’arte in generale sono considerate sacre e vengono perciò ascoltate e recepite in maniera diversa, più profonda, con meno filtri, pregiudizi, con grande rispetto e attenzione.
A Berlino ho suonato in centinaia di locali, alcuni anche importanti, ho composto Pissin’around e organizzato numerose parate del Karneval of Love, ho potuto conoscere ed esplorare la mia natura sentimentale e sessuale alternativa, mi sono espresso tantissimo anche con la danza ed il corpo. Ricordo che anche a Berlino in alcune jam jazz era malvisto ballare, in quelle accademiche almeno, ma ho incontrato anche la The Omniversal Earkestra che suona Ellington e Mingus con uno shouter che incita il pubblico, l’orchestra dei Le Foot Creole che suona Dixieland in una maniera incredibile oppure jam session di gypsy jazz e altre forme di blues e jazz popolare. Per un musicista fare un’esperienza all’estero é necessario.

Da dove trai principalmente ispirazione per la creazione delle tue canzoni? Ci sono fonti specifiche o esperienze di vita che influenzano la tua creatività?
La mia prima fonte di ispirazione è l’ascolto quotidiano di musica.
Se non avessi fatto determinate esperienze di amore non corrisposto o amore perduto prematuramente, non avrei avuto lo slancio creativo per comporre diverse canzoni dell’album Pissin’around ed anche un paio del prossimo album in uscita Primavera.
Allo stesso tempo non avrei composto le canzoni Pissin’around, Rosia Montana, Lovin’Everybody ed altre che sentirete presto, se fossi una persona disinteressata alla società, indifferente.
A Berlino organizzavo il festival Karneval of Love, che oggi in Italia porterebbe una bella boccata d’aria fresca, ma la verità é che qui é quasi sempre stato boicottato o fatto passare di nascosto. Al liceo ero di fatto un attivista, diedi il via per la creazione del collettivo del Liceo Curiel di Padova.
Oggi ho poco tempo ma cerco di andare alle manifestazioni più importanti e voglio continuare a scrivere canzoni di denuncia. Infine l’esperienza della malattia mi ha formato tantissimo, penso che il dolore in generale ci renda, ovviamente a posteriori, più forti e preparati alla vita. Last but non least: Space Cookies e, molto raramente o al bisogno, un pò del caro odierno Rinascimento Psichedelico. Sarà forse da 10 anni che se ne parla nell’mondo accademico scientifico?

Nelle tue composizioni, ci sono temi o messaggi ricorrenti che ritieni siano rappresentativi della tua visione artistica?
Sì, mi limito ad elencarli perché altrimenti divagherei. I miei testi contengono temi legati a: amore romantico incondizionato, poliamore e in generale celebrazione della diversità, antiproibizionismo, antirazzismo, pacifismo non tout cour, antifascismo, ecologismo, parità di reddito universale a prescindere dalla professione e dagli studi compiuti, convinzione che la musicalità ed in generale la creatività siano alla portata di tutti ma siano allo stesso tempo fortemente scoraggiate, sminuite, giudicate e dunque represse dalla cultura dominante. Vorrei introdurre un nuovo messaggio: non credo nel libero arbitrio.

Quali artisti o generi musicali hanno esercitato la maggiore influenza sulla tua musica? Ci sono particolari stili che hai cercato di incorporare nel tuo lavoro?
Il blues, in tutte le sue derivazioni dal delta all’urban, dallo shuffle lento fino al veloce rock’n’roll, é per me la musica piú emozionante che esista e dalla quale principalmente deriva tutta la musica rock e jazz. Charlie Parker si disse amareggiato di vedere tanti jazzisti che non apprezzavano e suonavano il blues a partire dal quale, é noto, egli derivó il linguaggio Be-Bop.
Sí ok, c’hanno messo dentro anche Bach, fantastico, ma siamo partiti dal blues e dalle sue note glissate, tremolanti, indefinite, dalle sue 3e, 5e e 7e stridule e calanti, dal tritono dissonante, certo non dal Clavicembalo ben temperato di Bach!
Lo stesso faceva Louis Armstrong che oggi non viene più considerato dai trombettisti jazzisti un primitivo, bensì il pionere delle prime frasi Be-Bop (genere dal quale egli si disocció). Funky, Disco Music, Rock, Rock Psichedelico, Hard Rock, Rock-Pop, Hip Hop, Rap, Punk ecc…tutto questo non esisterebbe senza il blues che é la radice principale dell’albero genealogico del Jazz come si vede in un manifesto appeso in bella vista al jazz club Schlot di Berlino. Adoro Jimi Hendrix, un virtuoso della fantasia, della dinamica, della melodia, del timbro. Miles Davis avrebbe voluto incidere un disco con lui.

Guardando alla tua evoluzione artistica nel corso degli anni, come valuti il percorso che hai intrapreso? Ci sono cambiamenti chiave che senti abbiano contribuito a definire il tuo stile?
Come si può intuire dalla precedente risposta sono un nostalgico del passato, della musica suonata e improvvisata dal vivo, Pissin’around é la rappresentazione di un concerto dal vivo collocato negli anni 60-70. Sono passati anni, sono cambiato e oggi in studio ho desiderato produrre un album diverso, non un live pieno di improvvisazioni strumentali e numerose voci, bensì canzoni radiofoniche – non tutte, in Primavera c’è un brano strumentale di 7 minuti – cucinate con pochi elementi, quelli necessari, efficaci e moderni: la struttura delle canzoni di Pissin’around era AB, oppure AAB ecc…ovvero intro, strofe (A), ritornelli (B), assolo e outro. Adesso ci sono bridge, hook strumentali, la struttura dei brani é più ricca e moderna, orecchiabile, così come le sonorità che abbiamo creato con Fosco17 avendo come riferimento la musica elettronica e il groove. Avevamo la necessità di non dissociare la musica dalla danza come i musicisti seri sono soliti fare. Si può ballare anche il silenzio giusto?

Da dove ha avuto origine l’idea dietro il tuo nuovo singolo “Stranger”? C’è una storia interessante dietro la sua creazione che desideri condividere?
Sì, è una storia particolare e molto, molto personale, desidero parlarne il meno possibile perchè non mi fido delle sole parole scritte. La canzone rappresenta un messaggio nella bottiglia, una speranza che le persone possano comprendere integralmente, e dunque realmente, le difficoltà che ho vissuto per circa 20 anni e, conseguentemente, anche le scelte, le strategie di sopravvivenza che ho adottato.
Il testo di Stranger è suono registrato, vibra nell’aria assieme alla base e agli “umori” della mia voce, vibra nello spettro della luce tramite gli sguardi, i gesti e le danze del video. Ho desiderato sfogare il mio disagio, l’essere stato emarginato, ghettizzato, diffamato ecc…tramite questi mezzi d’espressione. Mi spaventa l’idea di parlarne in poche righe in risposta ad una singola domanda, è un tema enorme che potrebbe prendere centinaia di pagine.

Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro in termini di carriera musicale?
Vorrei – finalmente – affermarmi nella scena musicale nazionale e riprendere a suonare a Berlino, iniziare a suonare anche a Barcellona dove sto accumulando contatti, ed in altre capitali europee. Continuare con l’insegnamento e il busking che trovo estremamente formativi, soprattutto per me.
Una volta volevo fare la traversata, andare in Brasile o in Louisiana, un giorno capiterà senz’altro ma credo più per curiosità. Voglio continuare a produrre dischi di musica originale, spero sempre con Luca Jacoboni Fosco17. Desidero riprendere in mano un giorno il repertorio degli standard jazz e lo studio di quel linguaggio, non ora, ne ho decisamente abusato in passato.

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