Recensioni
Intervista al cantautore Giuseppe Cucè
“Ventuno” è un brano che si propone come un viaggio alla scoperta dei meccanismi psicologici che generano il “ricatto morale” e il senso di colpa. L’obiettivo è trovare strade che ci consentano di costruire nuove relazioni sane, non solo con chi ci coinvolge nel senso di colpa, ma anche con noi stessi, considerando il peso di ogni nostra azione legato al peso di ogni parte del nostro corpo.
La parola “colpa”, dal greco hamartia, significa mancare il bersaglio, ovvero fare ciò che non si voleva. L’espressione “Mi sento in colpa…” non è solo un modo di dire piuttosto comune, ma il senso di colpa è qualcosa di profondo, a volte un modo “di sentire” molto doloroso che spesso determina le nostre azioni, le nostre scelte e la nostra vita.
Dal punto di vista sonoro, è stato cercato un suono rotondo in cui lo spazio si rende armonico, unito da strumenti veri che danno respiro al testo.
Ciao Giuseppe, grazie per essere con noi oggi. Cominciamo parlando del tuo nuovo singolo, “Ventuno”. Puoi raccontarci cosa ti ha ispirato a creare un brano che esplora i meccanismi psicologici legati al “ricatto morale” e al senso di colpa’?
Grazie a voi per l’invito…
Già dai precedenti lavori ho iniziato ad esplorare l’animo umano, un’analisi profonda dei meccanismi mentali di ognuno di noi, attraverso le mie esperienze e quelle di chi mi sta attorno cerco di comprenderne le peculiarità, i difetti ed i pregi, ciò che ci imprigiona dentro una gabbia e che non ci permette di spiccare il volo verso un futuro differente e chissà forse anche migliore.
Il titolo stesso, “Ventuno”, sembra avere un significato più ampio. Puoi spiegarci il motivo di questa scelta e se c’è un legame specifico con il numero 21?
In Ventuno racconto il passaggio dal momento in cui getti via le maschera, che per troppo tempo hai portato, al momento in cui ci si assume la responsabilità di chi siamo veramente, in Ventuno c’è la ricerca della propria anima ed il peso che essa comporta, (21 GRAMMI) il bisogno di allinearsi ad essa, ricongiungersi con essa, per scoprire che la finzione fino a quel momento vissuta, era solo un fumetto disegnato a nostra misura, sicuramente differente dalla realtà vera.
Il senso di colpa è un tema profondo e complesso. Hai menzionato che proviene dalla parola greca “hamartia”, che significa mancare il bersaglio. Come questo concetto si riflette nella tua musica e nei testi di “Ventuno”?
Semplicemente, sbagliando si impara, per non mancare il bersaglio bisogna necessariamente esercitarsi più e più volte, ed ogni volta comprendi meglio, aggiusti la mira per poi finalmente centrarlo. Così come nella musica nel momento in cui scrivi una canzone, hai la necessita di fare più e più esperienze finché non sei in grado di scriverla nel modo più autentico e vero possibile.
Parlando del lato sonoro, hai menzionato la ricerca di un suono rotondo e armonico in cui lo spazio si integra con gli strumenti veri. Puoi condividere con noi il processo creativo dietro la produzione musicale di “Ventuno” e come hai cercato di tradurre l’essenza del testo nel suo aspetto sonoro?
Il suono deve essere come il vestito più adatto che indossi in occasioni differenti, a volte se il suono è troppo preponderante puoi rischiare di soffocare le parole ed il significato stesso della canzone che hai scritto. Ed è per questo che sottrarre e lasciare lo spazio giusto, concede più respiro alle parole. Così scegliamo gli strumenti più adatti che l’accompagnano, come quando ti tieni per mano con qualcuno, e serenamente ti avvii verso il percorso che entrambi avete scelto.
Infine, cosa ti aspetti che il pubblico ricavi da “Ventuno”? Qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere attraverso questa canzone?
Non cerco mai di insegnare o dare lezioni, non mi metto sul pulpito di chi ha compreso tutto dalla vita, cerco di dare uno spunto differente, attraverso le mie esperienze, per accendere una riflessione.