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Primo Piano

Intervista al compositore neo classico Francesco Taskayali

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Francesco Taskayali raggiunge il ragguardevole traguardo del decimo album. Nonostante la sua “giovane” carriera è importante riuscire, oggi, a pubblicare lavori discografici che hanno bisogno di attenzione, di un ascolto oculato. Il pianista, e compositore, neo classico ha da poco pubblicato Dreambox un album di brani inediti che accompagnano l’ascoltatore in un viaggio sonoro guidato dai sogni. Un lavoro che conferma il suo status di artista di livello internazionale che l’Italia esprime insieme ad altre eccellenze di genere.

Si alterna tra colonne sonore e brani “classici” del genere neo-classico. Come concilia queste due fasi compositive e soprattuto quali le differenze nella composizione.

Mi ritengo un compositore versatile, passo dai ritmi balcanici, dal saz /liuto di mio padre con cui sono cresciuto al pianoforte di Keith Jarrett, questa entropia ha sempre fatto parte di me. L’ultimo anno l’ho passato in Sugar a lavorare su brani Urban/Trap quindi direi che non mi impongo nessun limite compositivo.

Dreambox è il suo ultimo album di 14 tracce ed è ispirato ai “sogni”. Ma intende i suoi sogni o l’idealizzazione di un desiderio comune a chiunque?

Vengo definito un compositore geografico, ho sempre scritto spostandomi, su isole, navi, o altri continenti per poi sedermi su un pianoforte a scrivere. Qui ho fatto il processo inverso, mi sono chiuso in studio e ho provato a scrivere una colonna sonora dei miei sogni nati nella fase rem. Un esercizio utile per interpretare i sogni è quello di calarsi in prima persona in ogni personaggio che ci compare. Ho seguito una masterclass di James Cameroon e raccontava di come fosse nato Terminator, ha semplicemente sognato un uomo con le ossa di metallo, quando si è svegliato ha iniziato a porsi delle domande, era evidentemente un uomo che veniva dal futuro, ma perchè? Etc. Etc. Cameroon dice che i sogni sono il nostro “Netflix” gratuito.

Dreambox viene presentato come “Un viaggio sonoro nel minimalismo pianistico nord-europeo e mediterraneo”. Potrebbe darci maggiori spiegazioni rispetto a questa descrizione apparentemente dicotomica?

Il neoclassico pianistico è quasi tutto spostato verso il nord-europea, con Einaudi, Arnalds, Paschburg etc. Io sono metà di qua e metà di la, con Istanbul, mi piace l’idea di fare qualcosa che si possa definire da Roma in giù, con strumenti che si possano collocare in quei luoghi come appunto il Saz, il Cajon, il bouzuky, la tabla, etc

Anche lei si caratterizza, come per molti suoi colleghi, per aver suonato dal vivo in luoghi originali e non comuni. Perchè questa scelta? Quali sono le sensazioni nel suonare in mezzo a un lago? Quanto diverse da un club o teatro?

Mi interessa più il processo che il risultato, non ho avuto dei fini “YouTube-ristici”. Il bello di suonare in mezzo al lago è stato il processo che mi ci ha portato. Dalla prima visione, alla prima zattera, infine alla pedana e poi alle oltre 1300 persone in riva a guardare. Stare immersi nella natura è simile ad essere persi nelle armonie del pianoforte. Non c’è nulla di troppo razionale, ma c’è tanto di spirituale. La natura, il mare, i laghi, sono luoghi che ci riconnettono con una dimensione che le grandi città ci impediscono di vedere.

In tal senso lei farà un nuovo concerto e sarà davvero speciale: al tramonto sul tempio di Giove a Terracina. Ci racconti come le è nata questa idea e aneddoti, se ci sono, circa le difficoltà organizzative.

In realtà posso dire poco perché non è stato ancora annunciato, però sarà una bella esperienza proprio per quello che rappresenta il luogo. Un tempio, un pianoforte, e una km di mare in ogni angolo dello sguardo. 

Nei prossimi giorni lei sarà protagonista di una nuova trasmissione televisiva su NOVE. Ci racconti di cosa si tratta e quale sarà il suo ruolo.

Ho fatto il pianista in trasmissione con Paolo Conticini, ci siamo divertiti molto, cantando e suonando. E’ stata l’esperienza più lunga su un set, quasi una performance a tratti, vista la mole di brani da imparare a memoria con pochissimo tempo per studiare. Però l’ho presa come una sfida e sono felice di averla portata a termine, ci vediamo tra qualche settimana sul Nove!

Mi ha colpito il suo impegno civico e sociale. Lei è stato volontario della Croce Rossa per aiutare i migranti del mare. Cosa è scaturito umanamente in lei per proporsi in questo impegno gravoso e quanto ne uscito arricchito da questa esperienza. In futuro sarà ancora impegnato in qualche missione?

Onestamente mi sentivo inutile e ridicolo – durante il lockdown – a stare chiuso in casa senza poter dare una mano concreta. Così ho colto l’opportunità che dava la CRI e ho iniziato a fare volontariato per loro, dapprima facendo pacchi alimentari e poi distribuendoli alle famiglie, perchè parallelamente alla crisi sanitaria ce n’era una economica e alimentare per determinate fasce a rischio. Dopo qualche mese ho visto l’avviso per andare sulle navi, ho chiuso lo zaino e mi sono ritrovato su una nave immensa. Una delle esperienze più profonde della mia vita. Il parallelismo che facevo era tra il film di bagnini la vita è bella, e la leggenda del pianista sull’oceano. Vedere così tante persone in balia del mare e del destino, senza una meta, mi ha fatto pensare di essere finito in un limbo dove il tempo si è fermato. Ho scritto tanto e tanto ho suonato. Lo rifarei se ce ne fosse la possibilità.

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