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“Ciccio sa volare”, intervista al cantautore Napodano

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Napodano Napodano

Napodano è un cantautore nato e cresciuto in un contesto fortemente musicale che permette alla sua passione di svilupparsi dapprima sul pianoforte e poi con la scrittura. Ciccio sa volare è il suo nuovo singolo in radio, nei digital store e sulle piattaforme streaming a partire da venerdì 6 ottobre. Per l’occasione lo abbiamo raggiunto…

 

Come hai scelto il tuo nome d’arte? Potresti raccontarci un po’ la tua storia artistica?

Ho scelto il mio nome d’arte perché non essendo io dotato di una memoria eccezionale, avevo bisogno di qualcosa che potessi ricordare facilmente e che non mi creasse confusione nel tempo.
Quindi la scelta è ricaduta sul mio cognome. Mi sono immerso nella musica da bambino e a 17 anni sono diventato professionista. Mi sono impegnato tantissimo gettandomi in mille progetti e generi musicali, non sapevo neanche io cosa avrei voluto fare da grande, fermo restando che sarei rimasto nella musica. Avrei fatto il pianobar, il compositore, l’insegnante, il cantautore…? Boh, così nel dubbio ho fatto tutto.

Parlaci di “Ciccio sa volare”, quanto di personale c’è nei tuoi pezzi?

Purtroppo molto. Da ragazzino sono stato vittma di bullismo, poi sono stato carnefice, poi lavorando nelle scuole l’ho rivisto con i miei occhi fino alla sua cima più buia, il suicidio. Da padre di bimbi piccoli, il mio cuore si è spezzato pensando alla famiglia di quella vittima e a tutto il male che ha passato prima di arrivare a quel folle gesto.

Nella tua produzione discografica qual è il brano a cui sei più legato e perché?

Probabilmente a “Storia di un Ratto” perché a parte il fatto che mi ha regalato e mi regala ancora tante soddisfazioni artistiche, è il mio pezzo totem, quello che mi rappresenta di più.


Oggi forse più di ieri c’è una contaminazione dei generi. Pensi che la musica si sia aperta al mondo?

O forse che non ci sono molte idee che vengono a galla nell’oceano di immondizia che troppo spesso ci propina il mainstream. Mi spiego meglio: curiosando su Spotify mi imbatto spesso in artisti fantastici, con idee splendide ma poco commerciali, anche se artisticamente pregevoli, che non riescono e forse non riusciranno mai a trovare spazio in un mondo dove ogni anno si sentono nei canali principali sempre le stesse cose, gli stessi motivetti, gli stessi ritmi, testi insulsi e produzioni confezionate ad-hoc per un pubblico che ha smesso di pensare. La musica vorrebbe aprirsi al mondo, già lo fa, ma il mondo si tappa le orecchie, canticchia i tormentoni estivi e va ad ascoltare per l’ennesima volta l’ennesimo gruppo cover o tribute che ormai ha rotto le scatole ma che ci fa strillare nei bar mentre stiamo con gli amici con la birra in mano, senza neanche ascoltare veramente.

Cosa significa oggi in Italia vivere di musica?

Non ne ho praticamente idea; non vivo in Italia da una decina d’anni e vengo soltanto per concerti organizzati, festival ed eventi. Da quello che mi raccontano però, credo sia facile, se sei giovane: ti iscrivi a qualche talent, costruisci e presenti un personaggio figo e fai parlare di te. Poi diventi famoso per qualche mese e da lì è tutto in discesa. Non è così?

in conclusione, cosa c’è nel futuro di Napodano?

Solo tanta musica, scritta, suonata, cantata, registrata, non importa, ma sempre in abbondanza!

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